lunedì 4 giugno 2012

TICHETETACHETITAC


mostra personale di scultura 
Cappella SS Angeli Custodi
Palazzo Arese Borromeo, Cesano Maderno
2-10 giugno 2012

tratto da Montedidio di Erri De Luca

DON RAFANIELLO
Mast’Errico tiene ospite in bottega uno scarparo che si chiama don Rafaniello
Lo chiamano Rafaniello perché é rosso di capelli, verde negli occhi, é piccolo e porta una gobba a punta in cima alla schiena..
E' venuto a Napoli per sbaglio, voleva andare a Gerusalemme dopo la guerra.
E' la fine del quarantacinque, c'è bisogno di scarpe, la gente si vuole sposare, Napoli è piena di nozze, Rafaniello si ferma e aspetta.
E' bravo assai, Rafaniello, aggiusta le scarpe ai puverielli e non si fa pagare.
Vuole bene ai piedi della gente. 



ALI SOTTOSOPRA



SOTTOSOPRA
Quando ti viene una nostalgia, non è mancanza, è presenza, è una visita, arrivano persone, paesi, da lontano e ti tengono un poco di compagnia..
..così a ogni mancanza dai il benvenuto, le fai un’accoglienza.
Scrivo sul rotolo le parole di Rafaniello che hanno rivoltato la mancanza sottosopra e sta meglio così. Lui fa coi pensieri come con le scarpe, le mette capovolte sul bancariello e le aggiusta.



LE ALI
Ognuno di noi sta con un angelo, cosi dice, e gli angeli non viaggiano, se parti, lo perdi, ne devi incontrare un altro. Quello che lui trova a Napoli e un angelo lento, non vola, va a piedi: “Non te ne puoi andare a Gerusalemme”, cosi gli disse subito. E che devo aspettare, chiede Rafaniello. “Caro Rav Daniel.. tu andrai Gerusalemme con le ali.. con un paio di ali forti come quelle dell’avvoltoio.” E chi me le da, insiste Rafaniello. “ Già le tieni, gli dice quello, stanno nella custodia della gobba.” Rafaniello è triste di non partire, felice della gobba che e stata un sacco di patate e ossa sulla schiena da non potere scaricare mai: sono ali, sono ali

IO E MARIA
Maria dice che io ci sto e così ecco qua me n’accorgo pur’io che ci sto. Mi chiedo da solo: non me ne potevo accorgermi per conto mio di esserci? Pare di no. Pare che ci vuole un’altra persona che avvisa
IL BUMERÀN
Babbo al compleanno mi ha regalato un pezzo di legno curvo, si chiama bumeràn. Lo tengo nella mano, senza chiedere, mi passa un solletico, una piccola scossa di corrente.
non lo posso lanciare però posso provare la mossa di tirarlo.
E' pesante, pare ferro.
Stringo il bumeràn, sento la scossa. Ho cominciato a fare la mossa del lancio. Lo carico dietro la spalla, lo spingo avanti per lasciarlo andare ma non lo tiro. La spalla è svelta, come Maria nei fianchi.
La mano trattiene il legno all’ultimo centimetro e lo riporta indietro. Faccio cosi avanti e indietro, si scioglie la schiena, sudo, tengo stretta la presa, basta un poco di giro di polso per sfilarlo dalle dita. Dopo un poco vedo che la destra e più grossa della sinistra, cambio mano. Cosi una parte del corpo raggiunge l’altra, pareggia sveltezza, forza e stanchezza. Gli ultimi lanci fermati hanno più spinta a volare, il polso soffre di più a trattenere, allora smetto.



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